Era il 15 maggio 1904 quando venne redatto a cura del notaio Giuseppe Gabuzzi la Società Anonima Cooperativa a capitale illimitato per quote “Case Operaie di Dergano”, divenuta poi nel 1905 “Cooperativa Edificatrice di Dergano” con la formula della proprietà indivisa.
Scopo della società era di “acquistare terreno e costruire case di abitazione per lavoratori ed in genere a tutto quanto è rivolto al benessere e al miglioramento della classe lavorativa”.
Con queste parole ha inizio il libro pubblicato dalla Edificatrice di Dergano, in occasione dei suoi cento anni di vita.
Nei mesi precedenti si era già formata una commissione provvisoria composta inizialmente da tre membri, seguita da due successive in cui la struttura della nascente cooperativa prendeva corpo stabilendo la distribuzione delle cariche sociali necessarie per procedere alla formulazione dello Statuto e quindi all'atto di Costituzione della Società. Le sedute consiliari successive, 23 settembre e 7 ottobre dello stesso anno, riportano invece le delibere finali per l'acquisto della nuova area.
Il primo stabile in via Conte Verde 17 (ex via Umberto I°), costruito dagli stessi soci della cooperativa, molti dei quali erano muratori, desta il desiderio da parte di altri di provvedere ad un nuovo progetto per una seconda costruzione e tale volontà è avvalorata nell'assemblea del 20 agosto 1911. Partono immediatamente i lavori di via Davanzati 26 che si concluderanno nel settembre 1912.
Già nel 1914 si sentono le prime avvisaglie di una crisi economica per fronteggiare la quale vengono assunte decisioni che però non sono sufficienti, per cui il 17 gennaio 1915 viene decisa la liquidazione della società, anche a causa dello stato bellico di quegli anni. Nel 1920 si intravede una schiarita: vengono consolidate le passività presso l'Istituto di Credito per le Cooperative con l'estensione del fido, ma tutto ciò non basta e il fallimento bussa alle porte della Società.
Da parte dei soci però c'è sempre più la convinzione di “salvare” la cooperativa e questo avviene negli anni 1924-1925 con una libera autotassazione che permette di introitare nelle Casse Sociali la somma di £ 1.250.000.
Superato il difficile momento economico, ecco profilarsi un'altra minaccia: la nascita del fascismo per cui, nel 1928, per quel che riguarda i requisiti associativi dei soci si legge: “Potrà essere espulso dalla società quel socio o Sodalizio che in qualsiasi modo recasse pregiudizio alla Società o che svolga opera antinazionalista”.
La fascistizzazione della Cooperativa di Dergano era iniziata con il saccheggio e la devastazione del Circolo Rinascimento avvenuta nell'ottobre del 1922, seguita poi da un altro episodio in cui si fece uso delle armi provocando la morte di Domenico Sala, figlio di un socio del Circolo.
In questo periodo denso di avvenimenti nascono altre associazioni nel quartiere: il Circolo Rinascimento, il Corpo musicale, la bocciofila, il Circolo combattenti.
Il ventennio fascista non produce alcuna concreta innovazione salvo la costruzione dell'impianto fognario negli stabili di Conte Verde e Davanzati.
La liberazione, nel 1945, vede i superstiti della Cooperativa Edificatrice di Dergano ricominciare il lavoro di risanamento delle finanze e nel 1953 inizia la costruzione di uno stabile denominato “Sopralzo” e costruito nell'area di via Conte Verde 17.
Questa iniziativa è lo stimolo a riprendere l'attività interrotta per tanti anni. Si parte dai miglioramenti e adeguamenti nei due stabili sociali per giungere alla costruzione di due case nell'area interna di via Davanzati 28.
Nel 1962 è completato l'edificio nato sull'area del gioco delle bocce del Circolo Rinascimento nello spazio compreso tra via Conte Verde 17 e Cesare Abba 26 ed infine nel giugno 1963, con la cessione da parte del comune di Milano di un'area in via Livigno, parte la realizzazione dello stabile terminato nel 1970.
Ritorniamo ora al passato: la nascita della cooperativa Edificatrice di Dergano non fu che il primo passo verso la costruzione della “cooperazione integrale”.
Diceva il suo presidente Angelo Ghislandi in un' intervista del 1908 rilasciata al periodico della Società Umanitaria: “Quando quattro anni or sono facevamo il primo comizio per le case popolari di Dergano tutti ci incoraggiavano, meno si intende i padroni di casa, ma ora le cose sono cambiate. Tutti, i padroni, esercenti, industriali, professionisti sono coalizzati contro di noi, perché volendo fare noi della cooperazione in tutti i campi, tutti gli interessi da noi toccati e lesi si sono sollevati contro di noi”. E prosegue ancora: “Noi abbiamo fatto un'edificatrice integrale che punge e tocca sul vivo i padroni di casa, esercenti e speculatori di ogni razza. Ci siamo detti che l'avere una buona casa e a buon mercato è già molto, ma non è tutto. Abbiamo la cooperativa di consumo, il forno societario, il ristorante cooperativo, il circolo di lettura e di ritrovo, il salone per le feste, i laboratori sociali...”.
Vediamo ora più da vicino queste realtà.
La Cooperativa di consumo “L'Avvenire” nata nel maggio 1905 nei locali dell'Edificatrice di Dergano, vendeva soprattutto generi di prima necessità con lo scopo sociale di “vendere ai soci al più mite prezzo per giovare all'economia domestica dei lavoratori”. Questa funzione di calmiere provocò una forte concorrenza con gli esercenti sfociata in una durissima polemica.
Nel 1909 la Cooperativa di consumo decise di dar vita al Forno cooperativo dove si sarebbe venduto il pane prodotto nello spaccio. Il pane copriva in misura determinante il fabbisogno alimentare delle famiglie degli operai, dunque la diffusione dei forni sociali garantiva buona qualità a prezzi contenuti “per un alimento che dal lato economico, fisiologico e igienico tanto interessa la classe dei lavoratori”, come scriveva il periodico l'Umanitaria.
Un altro passo in avanti nella costruzione della cooperazione integrale fu la nascita della Cooperativa Edilizia nota come “La Fratellanza”.
I muratori soci, dopo aver maturato un'esperienza di lavoro collettivo con la costruzione del sopralzo dello stabile di via Umberto I, decisero di costituirsi in cooperativa con la finalità di assumere autonomamente lavori al di fuori di quelli progettati dall'Edificatrice.
Lo scopo de La Fratellanza era di “sottrarre all'industria privata, in modo onesto e morale e con scrupolo amministrativo, lavori e mano d'opera con la duplice finalità di togliere ai capitalisti parte dei lauti guadagni che facilmente trovano modo di accumulare e destinare contemporaneamente tale parte alla collettività, in modo che i suoi componenti potessero nei limiti delle potenzialità di guadagni, compartecipare ad un congruo sussidio in vecchiaia e nei casi di invalidità”.
Molte le realizzazioni tra cui lo stabile di via Davanzati 28, la scuola elementare di Dergano, lo stabile della Cooperativa consumo della Bovisa, lo stabile dell'Edificatrice La Vittoria di Bruzzano e quello della Edificatrice di Cormano.
Ed ora veniamo alla parte ricreativa e culturale. Nel luglio 1905 viene costituito con sede nei locali di via Umberto I, dove si trova ancora oggi, il Circolo Rinascimento.
E' sufficiente leggere il regolamento del 1905 per rendersi conto dello spirito che lo animava: “Offrire agli iscritti un ritrovo famigliare per ricreazione, diletto e studio; consumare in luogo cibi e bevande in genere; difendere gli interessi economici degli associati; avere nel proprio seno una scuola elettorale, una sala di lettura, un corpo musicale e una cassa mutua interna; avere il proprio vessillo per ogni eventuale circostanza, promuovere, almeno una volta al mese, una conferenza per l'istruzione e l'educazione dei soci; inoltre i soci potranno costituirsi in scuole mandolinistiche, corali, drammatiche o pro-cultura”.
Non potevano essere soci del circolo “I proprietari di casa, terre, etc. e negozianti e esercenti in genere”. L'espulsione era prevista tra l'altro per chi si fosse dimostrato disonesto “nei doveri di socio e cittadino” e per chi avesse compromesso “gli interessi degli associati e di tutta la classe lavoratrice”.
Chiudiamo riportando le regole, datate 1906, di “comportamento rispettoso”, regole che ad oggi non hanno perso la loro validità: “Bisogna mantenere un contegno corretto e dignitoso ed essere con tutti cortesi. Bisogna mostrare di compiacersi della compagnia dei soci e parlare con essi di cose che interessino o la propria organizzazione e la propria classe. Non adoperare modi o parole triviali, interessarsi della lettura per mezzo della biblioteca, dello svolgimento delle assemblee, dell'assiduità dei soci, ecc. In una parola è dovere di ciascuno di comportarsi in modo da cattivarsi l'animo di tutti, onde rimanga un desiderio vivo di futuri ritrovi e si senta rinsaldato quel vincolo di solidarietà che deve essere la meta migliore di ogni umano lavoro”.